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L'IT del 2024 visto dagli esperti: 10 trend che i CIO non possono trascurare
5. IA e Cloud. I Cloud Economics
Nel 2023, più del 61% delle imprese in Italia ha investito in servizi di cloud computing (ben sopra la media Ue del 45%), secondo le ultime rilevazioni di Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea. Nel 2024, la crescita del cloud si incrocerà sempre più con quella dell’intelligenza artificiale.
“Il cloud continuerà a strutturarsi come modello sull’onda di nuove migrazioni e di nuovi workload che nasceranno in questo ambiente”, afferma Rizzotto di IDC, e “fornirà alla gen AI il substrato di infrastrutture, architetture e ingegnerizzazione abilitanti. Queste dinamiche, aggiunte all’importanza già attuale delle logiche CloudOps e FinOps, accentueranno in maniera ancora più significativa la strategicità delle politiche Cloud Economics”, ovvero quelle prassi che aiutano le organizzazioni, a mano a mano che spostano i carichi di lavoro sul cloud, a governare i costi e estrarre valore dal modello a consumo.
In particolare, il CloudOps include tutte le misure e tecnologie (tra cui automazione e IA) per gestire la distribuzione, l’ottimizzazione e le prestazioni dei carichi di lavoro e dei servizi IT in esecuzione in un ambiente cloud. Il FinOps definisce più strettamente la disciplina di gestione finanziaria del cloud, unendo tecnologie e cultura.
“CIO, IT Manager e tutta la C-Suite dovranno aumentare la consapevolezza di queste sfide”, indica Rizzotto, “e attrezzarsi per un adeguamento dei processi interni nel quadro di relazioni proficue con l’ecosistema dei provider. L’obiettivo finale è evitare che prevalgano rischi e incertezze sui costi mantenendo il valore dei principi di variabilità e scalabilità, opportunamente controllati e governati”.
6. People and Society. La collaborazione dell’ecosistema
Nel prossimo futuro dell’IT ci sono altre due macro-tendenze su cui punta l’attenzione IDC.
Una prima area è quella che la società di ricerche ha denominato “People and Society” e racchiude – spiega Rizzotto – “elementi che vanno dall’essenza del fare impresa in un pianeta alle prese con una crisi economica, ambientale e sociale, alle sempre più alte attenzioni necessarie nei confronti delle persone nelle loro diverse sfere di espressione: il lavoro, le competenze, la sfera privata o quella sociale”.
La seconda fa da raccordo tra gli aspetti “People and Society” e i rischi dell’operare in scenari incerti e volatili per motivi macroeconomici, geopolitici, regolatori, di sicurezza.
Di conseguenza, l’agenda IT e Business si fa più fitta e interconnessa: “Secondo IDC, il profilo di chi ha responsabilità di guidare e orchestrare questi processi deve consolidarsi attorno a logiche di visione, trasformazione inclusiva, leadership, collaborazione estesa nell’ecosistema, principi ESG (Environmental, Society, Governance)”, afferma Rizzotto.
7. L’extended Reality e le realtà convergenti
Un ulteriore trend per il 2024 evidenziato da Gilardi di C-Gravity è quello della extended reality e della realtà convergente, che istituiscono un collegamento tra realtà fisica e digitale. Queste tecnologie creano una realtà immersiva con immediate applicazioni per la collaborazione e la manutenzione.
“La convergent reality parte da un concetto di evoluzione degli strumenti con cui le persone interagiscono tra loro e con il mondo digitale”, afferma Gilardi. “Per le imprese non sono progetti nice-to-have, ma di miglioramento delle prestazioni intese come formazione, progettazione, produzione e assistenza”.
8. Trasformazione digitale, anzi architetturale
È, tuttavia, prematuro per un’azienda lanciarsi in tecnologie molto avanzate se la sua trasformazione digitale è ancora a metà. Occorre prima portare avanti questo percorso e le integrazioni dei diversi sistemi aziendali senza perdere di vista i processi sottostanti.
“Per esempio, se si vuole implementare la business Intelligence come supporto agli obiettivi aziendali, occorre partire dai dati e, quindi, dalla presenza di piattaforme gestionali, come il CRM, con dati aggiornati”, afferma Gilardi. “Non ha senso aggiungere strati tecnologici nuovi senza la base architetturale”.
Come evidenzia anche Rizzotto di IDC, per ogni implementazione tecnologica avanzata, “Valutare opportunamente i requisiti e gli impatti previsti in termini di computing e di supporto IT sarà cruciale”.
9. La sfida delle competenze
Per il 47% delle grandi imprese italiane, il primo ostacolo alla piena realizzazione della trasformazione digitale è la mancanza di un adeguato livello di competenze digitali all’interno dell’organizzazione, rivelano gli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano. La seconda maggiore sfida è rappresentata dalla reticenza delle persone ad adottare strumenti e soluzioni digitali per supportare l’attività lavorativa o favorire lo sviluppo di innovazione (44%). Al terzo posto (34%) le aziende citano la difficoltà di attrarre e acquisire dall’esterno professionalità con adeguate competenze matematico-tecnico-scientifiche (STEM) e digitali.
“Questa è una sfida dell’intero Paese”, evidenzia Luksh, “ma intanto i CIO dovranno affrontare la necessità di aggiornare (con iniziative di reskilling e upskilling) le competenze del personale interno, valutando e mappando le competenze presenti e quelle mancanti e studiando i percorsi di formazione insieme alla funzione HR”.
10. L’incertezza, l’innovazione e il “nuovo” CIO
Se è vero che le imprese italiane, secondo i budget previsionali, aumenteranno la spesa in tecnologie (+1,9%), è anche vero, sottolinea Luksh, che la crescita non è brillante e il 2024 si configurerà piuttosto come un anno di mantenimento. “L’atteggiamento è prudente, attendista, anche a causa del contesto economico e geopolitico incerto e della necessità di comprendere meglio le nuove tecnologie. Le imprese le conoscono, le sperimentano, ma nel 2024 vogliono capire, concretamente, come metterle al servizio degli obiettivi aziendali”, afferma l’esperta. Investire deve essere giustificato da un business case.
Anche per questo il 41% delle grandi imprese in Italia ha dato vita alla Direzione Innovazione, che spesso riporta alla funzione IT e nel 27% dei casi ne fa addirittura parte, mentre nell’8% è la funzione IT ad essere inclusa nella Direzione innovazione. È un modello che funziona, secondo Luksh, ma che non deve essere visto come conflittuale rispetto al tradizionale ruolo del CIO e del suo team. I due team devono lavorare in sintonia: la Direzione innovazione si occupa più di scouting, mappatura dei bisogni, progettazione dei POC con le startup e open innovation, mentre il Chief Information Officer e l’IT mantengono le competenze più strettamente tecnologiche e il compito di realizzare, concretamente, le innovazioni.
Il punto è che, man mano che la trasformazione digitale diventa l’essenza stessa dell’impresa, e tutto è innovazione, il CIO allarga il suo ruolo oltre l’IT verso la gestione dei talenti, il coordinamento col business, le questioni di governance e di sostenibilità, addirittura la Customer Experience, ma, al tempo stesso, viene affiancato da nuove figure legate all’innovazione, al raccordo con l’ecosistema delle startup, al change management e alla formazione. È una sorta di economia circolare dei ruoli manageriali, che, da un lato, hanno maggiore bisogno di specializzazione e, dall’altro, sono chiamati ad abbattere tutti i silos del passato.