AI Act, sono in vigore i primi obblighi. Ecco perché il CIO è cruciale

L’AI Act dell’UE è entrato nel vivo: dal 2 febbraio sono scattati gli obblighi di eliminazione delle pratiche vietate (art. 5) e di formazione e aggiornamento delle competenze interne sull’intelligenza artificiale, la cosiddetta AI Literacy o alfabetizzazione in materia di AI (art. 4). Si tratta delle prime disposizioni che diventano attuative: gradualmente ne entreranno in attuazione altre, nel corso di un periodo di transizione che terminerà ad agosto del 2026. Questi due anni di tempo per la compliance sono quanto mai necessari a detta di CIO, esperti e dirigenti delle aree Legal e Politiche Pubbliche delle imprese, perché la legge europea sull’intelligenza artificiale (qui il testo completo e la guida dell’UE sulla conformità [in inglese]) è molto estesa e complessa e richiede un grande sforzo in termini di conoscenza e risorse impiegate per essere compresa e integrata nelle prassi quotidiane.

“L’entrata progressiva in efficacia dell’AI Act”, evidenzia l’Avvocato Giangiacomo Olivi, Partner, Europe Co-Head of Intellectual Property, Data and Technology di Dentons Europe, “è stata prevista per dare tempo alle aziende di dotarsi di una governance dell’AI. Ma, prima di arrivare a disegnare una strategia, è fondamentale definire l’uso che si fa dell’AI internamente realizzando una mappatura dell’AI presente – di cui a volte non c’è piena consapevolezza- e degli use case. Anzi, la strategia migliore parte proprio da qui: definire gli usi strategici”.

AI Act, attivi gli obblighi su sistemi vietati e formazione

Le pratiche vietate includono: le tecniche di manipolazione subliminale o ingannevole, lo sfruttamento delle vulnerabilità (ovvero l’uso dell’AI per sfruttare vulnerabilità legate a età, disabilità o condizione socio-economica), i sistemi di social scoring (che valutano le persone sulla base di comportamenti sociali o caratteristiche personali), l’identificazione biometrica in tempo reale, le valutazioni del rischio che una persona commetta un reato, la categorizzazione biometrica per dedurre caratteristiche sensibili come orientamento sessuale, convinzioni religiose o opinioni politiche, il riconoscimento delle emozioni in ambito lavorativo, la creazione o ampliamento di banche dati di riconoscimento facciale mediante scraping non mirato.



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