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Donne e IT: perché nella tecnologia esiste un gender gap e come superarlo

La tecnologia non è “da donna”?
Stem Women Congress (SWC), nato a Barcellona su iniziativa della Stem Women Association, quest’anno debutterà in Italia, a Milano, grazie a Orange Media Group, FMA Hub e Women at Business, in sinergia con il Comune di Milano e il Patto per il Lavoro. Secondo i dati del Report annuale 2023 di SWC, se tutte le bambine e le ragazze di età compresa tra 0 e 16 anni nel mondo optassero oggi per una carriera Stem, non si raggiungerebbe il 50% di presenza femminile nell’IT fino al 2050. I dati Eurostat dicono che le donne occupano solo il 22% di tutti i posti di lavoro tecnologici nelle aziende europee, e in Italia scendiamo al 15%.
Inoltre, da noi la media dei laureati Stem è del 6,7%, contro il 12-13% europeo, e solo 1 su 3 è di sesso femminile. Un altro dato è rilevante: secondo l’Osservatorio di Fondazione Deloitte, il 15% delle iscritte all’università italiane si trova in facoltà Stem, ma non tutte queste donne sono disponibili nel mercato del lavoro IT, perché spesso preferiscono altre professioni.
“C’è un contesto generale che non favorisce l’ingresso delle donne nelle professioni IT. Anzi, ancora prima, non le porta ad intraprendere percorsi di studio delle materie Stem”, commenta Basili. “Non ci sono modelli a cui fare riferimento, come le interviste alle donne, o le donne tra i personaggi dei libri di scuola”.
“Le donne non scelgono gli studi Stem, perché, spesso, non credono di potersi dedicare a queste materie e alle professionalità che ne seguono”, commenta Daniele Bacchi, CEO e fondatore di Reverse, società di head hunting. “Eppure, da ex sviluppatore di software, posso dire che le donne nell’IT sono molto brave, anche migliori degli uomini per la loro precisione e per la loro capacità di procedere con metodo.Le donne devono scegliere l’università con più fiducia e autostima”.
Il secondo problema, prosegue Bacchi, è lo scollamento generale tra le scelte universitarie dei ragazzi e le posizioni lavorative aperte: guardando alla scarsità di talenti IT che c’è sul mercato, sembrerebbe logico indirizzare gli studenti verso le materie Stem, ma non è quello che avviene.
“È vero che le donne laureate in materie Stem non sempre vanno a lavorare nell’IT, e questa scelta pure potrebbe essere frutto del preconcetto secondo il quale il lavoro in azienda non è facile da conciliare con la vita familiare”, dichiara Bacchi. “Ma oggi ci sono molti strumenti a favore del work-life balance, a partire dal remote working, e – tra l’altro – la fame di talenti IT è tale che i datori di lavoro sono più inclini a soddisfare le richieste delle loro risorse per attrarle e trattenerle”.